IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  di rimessione degli atti
 nella causa iscritta al n. 12557/1989, promossa  da  Calabrese  Maria
 Luisa,   rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Giuseppe  Bosso,  parte
 ricorrente,  contro  l'I.N.A.D.E.L.  (Istituto  nazionale  assistenti
 dipendenti  enti  locali),  rappresentato  e  difeso dall'avv. Alcide
 Dogliotti, parte convenuta.
    1.  -  Parte  ricorrente,  gia'  dipendente  dell'I.N.A.I.L.,  poi
 transitata al centro traumatologico ortopedico  di  Torino  e  infine
 all'u.s.l.  1-23  di  Torino,  in data 8 maggio 1986 ha optato per il
 trattamento I.N.A.I.L. ex art. 3 della legge 14 giugno 1974, n.  303,
 ritenendolo piu' favorevole.
    Ha  quindi  percepito  dall'I.N.A.D.E.L.  l'indennita'  premio  di
 servizio  calcolata  secondo  le  modalita'  I.N.A.I.L.,  pari  a  L.
 11.381.365.
    Se  avesse  optato per il trattamento I.N.A.D.E.L., avrebbe invece
 ricevuto, tenuto conto dell'art. 4 della legge  29  maggio  1982,  n.
 297,  e  della  sentenza interpretativa della Corte costituzionale n.
 236  del  18  novembre  1986,  l'importo  di  L.   18.708.540   (cfr.
 dichiarazione parte convenuta, proc. verb. p. 2).
    Chiede pertanto:
       a)  in  via  principale,  previa  declaratoria  di  nullita'  o
 inefficacia della dichiarazione di opzione, giacche' viziata ex  art.
 1427 del c.c. da errore di diritto, la riliquidazione dell'indennita'
 premio;  e  cio'   in   base   al   sistema   di   calcolo   previsto
 dall'I.N.A.D.E.L., da ritenersi piu' favorevole;
       b)  in  via  subordinata,  la  rimessione degli atti alla Corte
 costituzionale dovendo dubitarsi della legittimita' dell'art. 3 della
 legge   n.   303/1974,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione.
    Parte convenuta contesta a sua volta la possibilita' di invalidare
 l'atto  di  opzione,  non  ricorrendo  nella  specie  le   condizioni
 ipotizzate dal codice civile in materia di errore.
    Quanto  alla  prospettata eccezione di incostituzionalita', chiede
 che  sia  dichiarata  manifestamente   infondata,   non   sussistendo
 violazione dei criteri di ragionevolezza ed uguaglianza.
    2. - Delineate in tal modo le rispettive posizioni delle parti, il
 pretore osserva quanto segue.
    E'  pacifico in causa che l'opzione effettuata dalla ricorrente ex
 art. 3, primo comma, della legge n. 303/1974, ha esplicato la propria
 incidenza  esclusivamente  sul  sistema  di  calcolo  dell'indennita'
 premio di servizio e cioe' sul quantum di essa; e, in pari tempo, che
 la signora Calabrese ha percepito per tale titolo somma di gran lunga
 inferiore a quella che le sarebbe viceversa spettata optando  per  il
 trattamento I.N.A.D.E.L.
    Si  tratta  -  non  vi  e'  dubbio  -  di  un'ipotesi  di condotta
 visibilmente inficiata da errore,  al  quale  peraltro  non  e'  dato
 giuridicamente di porre rimedio.
    Non   ricorrono   infatti   gli  estremi  dell'errore  di  diritto
 riconoscibile ex art.  1431  del  c.c.,  al  fine  di  invalidare  la
 dichiarazione  a  suo tempo resa dalla lavoratrice. Ne' d'altra parte
 la formulazione del citato art. 3 pare  consentire  una  verifica  ex
 post  dell'effettiva  rispondenza  dell'opzione  al  canone legale di
 "miglior favore"; cosi' da aprire le porte ad eventuali e  successivi
 ricalcoli  del  trattamento,  ove  la valutazione compiuta al momento
 dell'opzione si appalesi di segno contrario rispetto al previsto.
    Allo stato dell'attuale normativa la domanda proposta non potrebbe
 quindi trovare favorevole accoglimento.
    3.  -  Passando  con  cio'  ad esaminare la richiesta formulata da
 parte convenuta in via subordinata, il pretore osserva quanto  segue.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, primo
 comma, della legge n.  303/1974,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, appare non manifestamente infondata.
    Non   consentendo   infatti   alcuna   successiva  verifica  della
 rispondenza dell'opzione con il canone di "maggior favore" richiamato
 esplicitamente  dalla  norma,  essa fa si' che il lavoratore possa, a
 conti fatti, optare  per  il  trattamento  deteriore,  confidando  su
 elementi e informazioni in quel momento disponibili.
    Ma  si  tratta  di  un  risultato  cui  mette  capo  la  normativa
 richiamata decisamente irrazionale. Tanto piu' grave se si  considera
 che  l'opzione  potrebbe  essere legata (come e' accaduto nel caso di
 specie) a dati incompleti e/o errati.